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Charlie o, forse, il ‘katechon’

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NOTA

Ho scritto questo pezzo giorni fa, ma qualcosa mi ha impedito di pubblicarlo prima.

Cosa?

Una forma di rispetto ‘estremo’ per la vita umana, per la piccolezza di un esserino indifeso. Il fatto che, sui bambini, non ho mai accettato speculazioni, neanche a sostegno di tesi sacrosante, fossero anche le mie. Rifiuto l’idea di ‘usare’ un bimbo per propalare una idea, anche la più apparentemente nobile.

Ora, Charlie Gard è stato condannato a morire dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, qualche minuto fa: nella foto è raffigurato quello che resterà, dopo, di Charlie, i suoi genitori.

Rileggo queste mie parole qui sotto e rifletto sul fatto che tutto è finito, che siamo davvero finiti, con quel bambino.

Siamo ‘oltre’: il katechon è stato rimosso.

*       *      *     *     * 

La Corte di Strasburgo si è presa qualche giorno in più per decidere sulla sorte del piccolo Charlie Gard.

La vicenda di questo neonato è ‘estrema’: vi si incontrano vita -per di più allo stadio iniziale- e morte.

E’ un vero e proprio ‘crinale’, e non solo per la fragile esistenza di quella creatura, o per i suoi tenaci genitori. No, pare esserlo anche per noi, per la nostra ‘civiltà’ o per quello che ne è rimasto.

Non è solo perchè è da stabilire se la scienza, la medicina o il diritto potranno ancora dirsi in grado di coltivare la speranza. Una idea di ‘oltre’, di potenzialità, di fiducia non certo o non solo in un intervento eccezionale, di un Altro, insomma.

Parlo di fiducia in loro stessi. Fiducia, in pratica, nell’essere umano, nelle sue potenzialità di futuro. Fiducia nell’uomo.

Perchè c’è una scienza e, con essa, una tecnica che promettono grandi orizzonti ma che, al contempo, ne sbarrano inesorabilmente (e abbastanza inspiegabilmente) degli altri. Magari perchè ‘costano troppo’ e non necessariamente del costo del denaro.

La flebile vita di Charlie è uno spartiacque, buttatoci tra i piedi dalla cronaca che -però- ha ben altri ‘percorsi di civiltà’ da percorrere. La sorte di Charlie può dirci molto e, temo, qualcosa di definitivo su quello che siamo diventati, se davvero lo siamo diventati.

Echi erodiani, in questi giorni, mi ritornano in mente: anche lì si trattava della sorte di un neonato, da trovare ad ogni costo, da eliminare. Si trattava, inconsapevolmente, di sbarrare la strada a un Dio che si incarnava, assumendo la nostra sorte per riscattarla.

Qui la strada pare doversi sbarrare davanti al destino di un semplice uomo, che ci rappresenta tutti: non meno innocente, non meno indifeso di quel bambino nato a Betlemme.

Allora si trattava di continuare a vivere nella disperazione.

Qui si tratta di risaltarci dentro, una volta per tutte, consapevoli che la abbracciamo con tutti noi stessi.  Che la vogliamo poichè non c’è più nulla in cui sperare; nulla per cui valga la pena di sperare.

Se sei malato gravemente, se non puoi ‘vivere’ appieno, se la tua vita non è solo presente o potenzialità di presente, non vale a nulla. Questa ‘legge’ (di una giungla in cui conta la capacità di assumere il piacere o produrre) vale per tutti, compreso quel fagottino che respira a malapena.

Raccontano le cronache dell’accanimento con il quale medici e avvocati dell’ospedale di Londra in cui è ricoverato si battono affichè il ‘sostegno vitale’ venga terminato.

Dovrebbe essere tutto asettico, per loro, è per molti versi lo è. Ma è sempre la solita storia: il morente è ‘osceno’; è, a quanto pare, è ancor più urtante se è avvolto in tenere fasce. Il morente suscita reazioni estreme, come la sua condizione. Figurarsi -come detto- un morente appena uscito da una condizione di ‘pre-vita’, da un estremo all’altro.

Charlie è così diventato, suo malgrado, uno steccato, con un aldiquà ed un aldilà.

Lo steccato che divide una civiltà da un’altra.

L’esile forma di un bambino appena nato ‘trattiene’ un’elaborazione plurisecolare del concetto di ‘persona umana’: se Charlie sarà ‘interrotto’, avremmo definitivamente dato vita ad un’idea ben diversa dell’essere umano, ne avremmo scritto una definizione chiara, ma ben distinta da quella che abbiamo sempre creduto e condiviso.

Se sarà ‘tolto di mezzo con ingiusta sentenza’, Charlie sarà lì a rappresentare l’ultimo degli argini caduti.

Tutto sarà ‘lecito’, tutto sarà ‘possibile’; perchè sarà ‘condivisibile’ e ‘ragionevole’, secondo nuovi ‘standards’ di ‘umanità’.

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